La fata del Trou des Romains

Terza classificata nella Sezione Adulti Enrica Guichardaz di Courmayeur

Al tempo delle fate, in una piccola casetta nel bosco sopra la Trappe in Val Sapin a Courmayeur, viveva una fatina che amava molto gli animali.

Se passavate vicino alla sua casetta potevate incontrare tutti gli animaletti del bosco che venivano a farle compagnia.

Aveva anche alcune gallinelle ed un piccolo gallo che ogni mattina, al levar del sole, la svegliava con il suo canto argentino.

Nel bosco vivevano anche alcuni piccoli gnomi, che si nutrivano di erbe e frutti selvatici, ed al calar del sole si nascondevano nella caverna che gli uomini chiamavano " Trou des Romains."

La fatina difficilmente si allontanava dalla sua casetta perché aveva sentito gli uomini raccontare strane storie a proposito della grande caverna.

Una mattina, non si sa per quale motivo, il galletto volò via e la fatina lo seguì con lo sguardo fino a quando non lo vide entrare nel Trou des Romains. Preoccupata corse fino all'ingresso della caverna, sperando di convincerlo a tornare indietro. Ma il galletto era già stato inghiottito dal buio.

La fatina, impaurita, esitò qualche istante e poi si decise a seguirlo.

Il buio totale ed il freddo la fecero rabbrividire. Si ricordò che in tasca portava sempre un piccolo acciarino, lo sfregò forte forte finché si accese. Quella misera fiammella non riuscì ad illuminare il suo cammino, ma il tepore che emanava le diede il coraggio di muovere i primi passi.

Rincuorata proseguì il suo cammino e sentì le assi del ponticello gemere sotto al suo peso, sembrava che dicessero :" attenta, vai piano, attenta, stai per cadere. " e l'eco le ripeteva sempre più lontane.

La paura si fece sentire di nuovo e la fatina pensò di tornare indietro, ma ecco che in lontananza sentì il canto del suo galletto che la chiamava: " dai, vieni avanti, coraggio ...".

Piano piano, rincuorata, la Fata riprese il suo cammino, finché ad un certo punto sentì un gran frastuono e dalle pareti rocciose vide filtrare una piccola luce. Si avvicinò e vide gli gnomi del bosco lavorare intorno ad un grande fuoco e poi.... il luccichio dell'oro che si scioglieva nel crogiuolo.

Si ricordò allora dei racconti degli uomini che dicevano che i Romani scavavano le gallerie nella montagna per cercare l'oro, il metallo più prezioso del mondo.

Senza farsi sentire dagli gnomi, incuriosita, proseguì il suo cammino. Non si ricordava nemmeno quanto tempo fosse trascorso da quando era entrata lì dentro ed era preoccupata perché temeva che la fiamma del suo acciarino potesse spegnersi da un momento all'altro, la paura di rimanere lì, sola, al buio la faceva rabbrividire.

Sentì di nuovo lo svolazzare del suo galletto e riprese a camminare in quella direzione, quando all'improvviso da una strana fessura nella roccia vide luccicare dell'oro. Guardò meglio e trovò un passaggio molto stretto, ma si sa che le fate riescono a farsi piccole piccole e, superata la strettoia, si trovò in una cantina piena di monete d'oro, di piatti d'argento e di calici tempestati di pietre preziose.

Si guardò intorno e vide una ripida scala che saliva, con in cima una piccola porta semiaperta che cigolò al suo passaggio.

In lontananza si sentivano dei bellissimi canti ed un organo che suonava. Sull'ultimo gradino ritrovò finalmente il suo galletto che, tutto impaurito, l'aspettava. Varcata la porta si trovò in una chiesa.

Si chinò piano piano e prese tra le braccia il suo galletto per non disturbare le persone che pregavano.

Quando la funzione finì anche lei uscì e si ritrovò, stupita, nella piazza della città di Aosta.

Allora senza farsi notare ritornò sui suoi passi, riprese le scale che scendevano nella cripta, e, felice di aver ritrovato il suo piccolo gallo, ritornò nella sua casetta nel bosco.

Da quel giorno, ogni domenica, la Fata si recò alla Santa Messa nella cattedrale di Aosta passando attraverso la caverna; e non dimenticava mai di prendere una piccola moneta d'oro dal tesoro degli gnomi per metterla nella cassetta del "pane per i più poveri".